28/12/2024
In Istituto è in corso una sperimentazione sui tumori alla prostata con risultati incoraggianti. Ora la ricerca si estenderà anche ad altre patologie tumorali.
Quando si parla di medicina nucleare può nascere qualche timore, in quanto prevede la somministrazione di radiofarmaci, ossia molecole radioattive, per l’esecuzione di indagini strumentali come PET e scintigrafie. Invece si tratta di una branca specialistica che, in particolare in oncologia, è molto utile perché aiuta i clinici a stabilire l’aggressività e la diffusione della malattia, a scegliere la terapia più adatta, a verificare l’efficacia di un trattamento, a monitorarne la progressione. I radiofarmaci, inoltre, possono essere utilizzati anche a scopo terapeutico: concentrandosi nei tessuti malati uccidono le cellule tumorali.
Anche in questo campo si stanno registrando progressi confortanti, grazie a nuovi studi scientifici. Uno di questi è seguito nel nostro Istituto dal Dottor Alessio Rizzo e ha come oggetto una proteina, il recettore PSMA, che è espresso principalmente dal tumore prostatico.
Originario di Brindisi, laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Tor Vergata a Roma, specialità in Medicina Nucleare e master di secondo livello in Terapia con radioligandi, la passione per la vela quando ha un po’ di tempo libero, il Dottor Rizzo lavora a Candiolo da quattro anni: “Ho scelto questo Istituto per l’efficienza dei colleghi e la professionalità della responsabile della Medicina Nucleare, la dottoressa Manuela Racca. Vi sono rimasto per la fiducia e la libertà nella ricerca e perché posso lavorare in stretto contatto con la clinica”.
Da un paio d’anni porta avanti il suo studio, che ha raggiunto un primo step oggetto di una prossima pubblicazione scientifica. “Il campo finora esplorato – spiega il dottor Rizzo – è stato quello dei tumori alla prostata, ma con l’arrivo nel nostro reparto di una nuova PET digitale allargheremo questa sperimentazione anche ad altri tipi di tumore”.
“Attraverso la PET abbiamo verificato che, dopo la somministrazione di un ligando radioattivo del PSMA (ossia una molecola radioattiva che lega selettivamente questo recettore), le aree nel corpo del paziente in cui c’è una espressione di questa proteina corrispondevano a lesioni tumorali. Un risultato importante perché consente di studiare con la massima precisione la diffusione del tumore. Un ulteriore passo avanti è quello di verificare se questa metodica può sostituire TC e scintigrafia ossea in tutte le fasi della malattia e in tutti i pazienti. Nei tumori più aggressivi alla prostata comporta sicuramente dei vantaggi”.
In questa prima fase la sperimentazione ha interessato 110 pazienti: “Abbiamo coinvolto anche gli ospedali San Raffaele di Milano e San Martino di Genova e lavorato a stretto contatto con gli urologi per verificare se la PET-PSMA, confrontata con le indagini tradizionali, consentisse un cambio dell’iter terapeutico, migliorando il decorso della malattia. I risultati sono stati eccellenti, soprattutto nei pazienti con rischio più elevato”.
Lo studio sta per imboccare una nuova fase: “Si sta mettendo a punto un nuovo protocollo – conclude Rizzo – per ampliare la sperimentazione della PET con ligandi del PSMA a pazienti con altre patologie tumorali, nelle quali la letteratura scientifica ci dice che vi sono simili espressioni del recettore, come ad esempio nei tumori di fegato e rene. La molecola radioattiva che già utilizziamo per il tumore alla prostata è sicura e non dà effetti collaterali e la nuova PET ci consentirà delle diagnosi ancora più precise, anche con la sperimentazione di nuovi radiofarmaci che permettano ai clinici di offrire trattamenti sempre più personalizzati ed efficaci”.