Dona ora

La prevenzione maschile non è tabù

Novembre è il mese dedicato alla prevenzione al maschile: alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro ci impegniamo, ogni giorno, a sostenere i ricercatori e medici dell’Istituto di Candiolo – IRCCS, nella ricerca e cura del tumore alla prostata. La nostra ricerca, portata avanti con dedizione e innovazione, ha già consentito a migliaia di uomini di vivere una vita più serena e consapevole.

Per te una guida completa e gratuita per consultare alcuni consigli per prevenire e conoscere più da vicino un argomento che per tanti uomini spesso è tabù.

Dottor Enrico Checcucci per Life is Blu

Dottor Enrico Checcucci, Urologo e Coordinatore del Gruppo Interdisciplinare Cure Neoplasie Urologiche

In questa guida troverai: definizioni, prevenzione primaria, fattori di rischio e protezione, prevenzione secondaria, sintomi.

Cos’è il tumore alla prostata?

Per tumore maligno alla prostata si intende una crescita anomala di cellule a livello della ghiandola prostatica con caratteristiche di malignità; esso è la seconda causa di mortalità per tumore dopo il tumore polmonare, nonostante sia più frequente di quest’ ultimo.

La prostata è una ghiandola che produce il liquido prostatico, che normalmente si aggiunge al liquido seminale durante l’eiaculazione. Essa è posta davanti al retto e al di sotto della vescica, intorno al canale uretrale (figura 1) entro il quale riversa il proprio secreto, ed è suddivisa in una zona centrale (circa il 25% del volume), una piccola zona transizionale e una voluminosa zona periferica (circa 70% del volume).

Dal punto di vista istologico, la ghiandola è costituita da uno stroma fibromuscolare di sostegno entro il quale sono comprese da 30 a 50 ghiandole tubuloacinose ramificate che producono il liquido prostatico; esse riversano il proprio secreto all’interno dei dotti, i quali terminano a livello dei seni prostatici all’interno dell’uretra.

Quanto è diffuso il tumore alla prostata?

È il più frequente tipo di tumore negli uomini, con una percentuale di prevalenza che cresce del 3-4% per ogni anno dai 50 anni in poi, fino ad arrivare all’80% al di sopra degli 85 anni di età.

In Italia ne è affetto 1 uomo su 8, ed 1 su 30 va incontro a morte a causa del tumore della prostata.

È possibile prevenire il cancro alla prostata?

La prevenzione è la migliore arma per vincere il cancro ed è a nostra portata ogni giorno a cominciare dalla tavola, seguendo le regole della corretta alimentazione, per finire ai controlli medici periodici.

Si è cominciato a dare importanza al concetto di prevenzione del cancro soprattutto perché negli ultimi decenni l’incidenza della mortalità per questa patologia ha subito un forte incremento.

Le ragioni di una crescita così marcata sono legate all’allungamento della vita media e a un sensibile cambiamento negli stili di vita. Preso atto di questa situazione si è passati da un approccio solamente curativo della malattia a uno preventivo, anche a causa dei limiti riscontrati nell’efficacia delle terapie mediche.

Risale al 1981 la pubblicazione del primo elenco scientificamente controllato dei principali fattori di rischio che determinano la comparsa di un cancro.

Lo scopo della prevenzione primaria è quello di ridurre l’incidenza del cancro tenendo sotto controllo i fattori di rischio e aumentando la resistenza individuale a tali fattori. In altre parole si tratta di evitare l’insorgenza del tumore.

Bisogna quindi riconoscere tutti i fattori di rischio a cui una persona può andare incontro oltre che riconoscere eventuali fattori genetici.

Una corretta prevenzione primaria non si basa solo sull’identificazione dei fattori di rischio, ma anche e soprattutto sulla valutazione di quanto l’intera popolazione o il singolo individuo sono esposti a tali fattori.

Quali sono le cause del tumore alla prostata?

Nella genesi e nella crescita di tutti i tumori non c’è mai una causa unica (tranne in alcuni casi), in quanto la formazione di cellule tumorali è dovuta a vari fattori di origine differente.

Sicuramente c’è una certa percentuale, variabile da tumore a tumore, di predisposizione genetica, la quale è il substrato su cui possono agire dei fattori di rischio ambientale che possono essere fisici (radiazioni ionizzanti), chimici (sostanze cancerogene) o biologici (particolari infezioni).

Alcune attività lavorative quali l’industria tessile e le fabbriche inquinanti e voluttuarie, come il fumo, l’alcol e il caffè, oltre che la dieta, sono state associate a numerosi tipi di tumore differenti.

• L’avanzamento dell’età, sia per il normale invecchiamento delle cellule, sia per la maggiore possibilità di esposizione ad altri fattori di rischio;

Familiarità: è più probabile lo sviluppo di tumore prostatico se si hanno consanguinei (padre, fratelli) affetti a loro volta dalla patologia;

• L’etnia: il carcinoma alla prostata è più frequente negli afroamericani e nella popolazione scandinava, seguiti dai caucasici e infine dagli asiatici;

Sedentarietà;

Inquinamento atmosferico;

Dieta ricca di grassi e di carne, e povera di frutta e verdura;

Alti livelli di testosterone: questo ormone non è sicuramente una causa diretta del tumore, ma ne favorisce il mantenimento e la progressione;

Radiazioni ionizzanti;

• La correlazione tra l’intervento di vasectomia e lo sviluppo di tumore alla prostata non è ancora stata dimostrata.

• la soia (che contiene fitoestrogeni),

• il pomodoro (che contiene licopene)

• la frutta (in particolare il melograno),

• il té verde,

• la vitamina E in quantità adeguate.

Diagnosi precoce: quando il PSA indica un tumore?

Questo marker tumorale è una proteina che viene prodotta dalle cellule della ghiandola prostatica e serve per sciogliere i coaguli seminali che si formano nel liquido spermatico.

Il dosaggio del PSA fornisce al medico un’idea degli eventuali processi patologici che stanno avvenendo a livello della prostata: il PSA può essere aumentato durante una prostatite, dopo un’ esplorazione rettale o un lungo tragitto in bicicletta o motocicletta per compressione della prostata e ovviamente anche nell’ipertrofia prostatica, nell’iperplasia prostatica benigna (o adenoma pro- statico) e nel carcinoma della prostata. Il discorso rimanda all’utilità in chiave diagnostica del PSA.

Negli Stati Uniti, sulla spinta dell’American Urological Association e dell’American Cancer Society, il suo dosaggio oggi è usato in maniera diffusa per lo screening di popolazione. In Italia, come in molti altri Paesi europei, no. Ci si chiede il perché.

Nonostante l’impiego del test evidenzi una certa riduzione della mortalità per il tumore della prostata, è necessario considerare l’aumento del rischio legato all’eccesso diagnostico.

Il PSA non sembra quindi utile come test di screening: un importante studio svedese del 2014 ha infatti evidenziato l’assenza di vantaggi nel misurare il PSA in assenza di sintomi o di sospetto clinico. Futuri studi potranno confermare o contraddire questa affermazione.

Facendo la tara tra vantaggi e svantaggi i risultati non sono al momento considerati sufficienti a giustificare un’attività di screening sulla popolazione.

Quali sono i primi sintomi del tumore alla prostata?

L’elevata mortalità del tumore maligno della prostata deriva dal fatto che questo provoca delle manifestazioni solo molto tardivamente: a causa dell’assenza di sintomi iniziali, molte persone affette da cancro alla prostata non sanno di esserlo, e questo permette al tumore di continuare a crescere fino a dare metastasi.

Nel momento in cui il carcinoma diventa sintomatico, i disturbi che provoca possono essere suddivisi in tre categorie:

  • esitazione minzionale, ovvero allungamento del tempo per iniziare la minzione;
  • mitto ipovalido (flusso urinario di scarsa portata) e/o interrotto
  • gocciolamento terminale;
  • infezioni urinarie dovute alla ritenzione urinaria cronica.
  • dolore perineale (nella zona compresa tra ano e scroto);
  • emospermia, ovvero presenza di sangue nell’eiaculato;
  • ematuria, presenza di sangue nelle urine, per invasione dell’uretra prostatica;
  • impotenza, o disfunzione erettile, cioè l’impossibilità di raggiungere l’erezione del pene.

Questo sintomo è dovuto alla distruzione delle fibre nervose del nervo pudendo, che servono appunto a permettere l’erezione.

  • dolori ossei in caso di metastasi ossee;
  • ingrossamento degli arti inferiori (linfedema) a causa delle metastasi linfonodali;
  • tosse o dispnea per metastasi polmonari.

Qui di seguito si trovano i redattori della guida cartacea da cui sono stati tratti i materiali per questa guida online:

  • Pietro Gabriele (Radioterapia)
  • Filippo Russo (Radiodiagnostica)
  • Alberto Pisacane (Anatomia Patologica)
  • Massimo Aglietta (Oncologia Medica)
  • Maria Enrica Cruto (Terapia Antalgica)
  • Maria Grazia Pettiti (Servizio di Assistenza Sociale)
  • Manuela Manfredi (Psicologia)
  • Piero Fenu (Direzione Sanitaria) Istituto di Candiolo, FPO-IRCCS
  • Progetto grafico e illustrazione copertina Elena Zoccarato
  • Illustrazioni delle figure professionali Andrea Gatti