30/12/2024
In un centro di alta ricerca oncologica come l’Istituto di Candiolo – IRCCS, siamo abituati a sentir parlare di novità terapeutiche – e del resto mai come qui la novità è frutto delle necessità di migliaia di pazienti.
Per quel che riguarda il Trastuzumab-Deruxtecan, però, un numero crescente di esperti lo ritiene un vero salto di qualità, in grado di migliorare sensibilmente la possibilità di curare alcuni tumori particolarmente aggressivi e avanzati.
Per questo è utile partire da lontano e raccontare dalle premesse quello che si può definire un caso esemplare di sinergia di somma: quando, cioè, l’efficacia di due sostanze abbinate è maggiore di quella che l’una o l’altra ha da sola.
Accade sempre più spesso che un farmaco, ben noto per la sua efficacia in alcune patologie, si riveli in seguito ancora più utile, e spesso determinante, in altre patologie. In termini di risparmio, non è un vantaggio da poco. Equivale a scoprire che con un vecchio arnese possiamo fare nuovi lavori, per i quali non era stato progettato e non dobbiamo acquistarne uno nuovo. Il che, oltretutto, riproduce in modo sorprendente le dinamiche dell’evoluzione darwiniana, basate molto più sul parsimonioso riciclaggio di antichi caratteri, la cosiddetta ‘exaptation’, o ‘riadattamento funzionale’, che sulla costosa comparsa di reali novità.
All’inizio, la scoperta di questa seconda e a volte anche terza vita di un farmaco, detta ‘riposizionamento’, era lasciato al caso, o all’intuito del medico. Oggi, la possibilità di avere sottomano soluzioni terapeutiche saltando lunghi passaggi industriali e sperimentali è diventata così importante, che alcune aziende hanno affidato all’AI il compito di scovare nuove applicazioni nascoste nel mare magno delle molecole già disponibili e dei loro meccanismi d’azione.
Il ‘riposizionamento’ sta interessando, in particolare, una ben nota categoria di proteine ibride, i cosiddetti anticorpi monoclonali, che da qualche anno sono sempre più riutilizzati in oncologia. Ciò accade in virtù della loro capacità di agire in modo specifico su alcuni tipi di ‘antigeni’ (molecole capaci di suscitare una risposta immunitaria) espressi dalle cellule tumorali.
Come indica il nome, ogni anticorpo monoclonale viene prodotto a partire da uno specifico linfocita B, modificato e reso immortale, del quale è, perciò, il clone, cioè la copia perfetta. Queste operazioni a livello molecolare avvengono in laboratorio, grazie a tecniche di immunologia cellulare e ingegneria genetica.
Sintetizzati per la prima volta nel 1975, gli anticorpi monoclonali (Mab, Monoclonal Antibodies) hanno avuto molte vite in medicina, come farmaci e come diagnostici. Hanno esordito nella cura delle malattie autoimmuni e nella prevenzione delle reazioni di rigetto nei trapianti di organo. In seguito, si sono resi sempre più utili nell’oncologia.
Oggi, la terapia dei tumori è diventata il loro principale impiego, sia direttamente, sia come trasportatori di alcune molecole terapeutiche, che altrimenti non riuscirebbero a superare in numero sufficiente la barriera delle loro cellule bersaglio. In questo caso, il Mab conserva anche la propria attività farmacologica, cosicché l’efficacia anticancro della coppia risulta potenziata. L’abbinamento più recente e promettente dell’ anticorpo monoclinale Trastuzumab è con il chemioterapico Deruxtecan, che nel 2024 è stato approvato sia dalla statunitense Fda, la Food and Drug Administration, sia dall’Ema, l’Agenzia Europea per i Medicinali.
I suoi risultati su un largo ventaglio di tumori solidi allo stadio avanzato in pazienti già trattati con altre terapie, sono considerati da molti esperti addirittura rivoluzionari, e numerose sperimentazioni cliniche sono in corso anche all’Istituto di Candiolo – IRCCS, con il coordinamento della professoressa Silvia Giordano.
Condividono, sulla superficie delle loro cellule la presenza elevata, di Her2, una proteina che di norma regola processi di crescita dei tessuti.
Nelle cellule cancerose, quando questo biomarcatore è troppo espresso, il che ad esempio accadde nel 15-20% dei carcinomi mammari, ne alimenta la proliferazione patologica e la resistenza alle normali terapie, quindi le rende più aggressive.
L’anticorpo monoclonale Trastuzumab riconosce specificamente e disattiva il recettore Her2, ragion per cui, in passato, lo si usava anche da solo.
Deve esprimere livelli di Her2 da alti a intermedi, sulla superficie delle cellule neoplastiche, quindi occorre un’analisi istologica preliminare.
Qual è il limite del Trastuzumab, se usato da solo?
Funziona solo su cellule che hanno un’alta espressione di Her2.
E qual è il limite del Deruxtecan, se usato da solo?
Come ogni chemioterapico, è una sostanza poco specifica, cioè in grado di entrare in qualsiasi cellula, sana o cancerosa, e per questo può risultare tossico per l’organismo del paziente.
Il Mab (anticorpo monoclonale) rende più selettivo il chemioterapico, trasportandolo là dove effettivamente la sua funzione di killer è più utile, cioè sulle cellule del tumore che esprimono l’Her2. L’Her2 ‘calamita’ l’anticorpo monoclonale e il chemioterapico agganciato, che in tal modo penetra nella cellula tumorale, ne danneggia il Dna e la uccide.
In particolare, mentre al Trastuzumab rispondono solo i tumori che hanno elevata espressione di Her2, alla ‘coppia’ rispondono anche tumori con espressione minore e questo aumenta il numero dei casi trattabili.
Inoltre, il ‘farmaco coniugato’ ha un effetto molto ampio, grazie a un ulteriore meccanismo, che parte quando il chemioterapico si stacca dal vettore Mab ed entra nella cellula.
A quel punto, visto che, come s’è detto, è capace di oltrepassare da solo la membrana cellulare, può anche uscire ed entrare nelle cellule tumorali vicine, anche se queste non esprimono valori significativi di Her2.
Sì, è quella che si definisce eterogeneità tumorale. Tutti i tumori sono più o meno eterogenei. Il tumore della mammella, ad esempio, non lo è molto, invece il tumore gastrico o il tumore esofageo sono molto eterogenei, per cui il 20-30% delle cellule può esprimere Her2 e le altre no. Grazie a questo meccanismo, anche le cellule cancerose che non esprimono, o esprimono poco Her2, possono ricevere il farmaco ed essere uccise. Ovviamente, grazie all’originario legame con il Mab, il chemioterapico resta nei paraggi del tumore, perciò la sua citotossicità è molto più limitata di quando viene somministrato da solo, per via generale.
L’Fda e l’Ema richiamano, però, l’attenzione su alcuni rischi collaterali, che definiscono importanti. Quali sono?
Occorre tener d’occhio alcuni effetti avversi legati al chemioterapico. Il più importante è una forma di polmonite interstiziale che all’inizio della sperimentazione non era molto nota. Oggi, sappiamo riconoscere questa patologia ai primi segni e possiamo affrontarla in modo opportuno.
Quelli per i quali il farmaco è approvato sono il tumore della mammella e del tratto gastroesofageo, quando la proteina Her2 è espressa a livelli medio e alto. Inoltre, è indicato nel tumore del polmone, quando Her2 è mutato.
Perché?
Perché il recettore mutato non trascorre tutto il tempo all’esterno della membrana, come fa quello non mutato, ma si sposta tra la membrana e l’interno della cellula. Quindi il processo di trascinamento’ del chemioterapico dentro la cellula da parte del Mab è molto più veloce. In sostanza, il tumore del polmone con Her2 mutato risponde al trattamento con Trastuzumab-Deruxtecan anche se i livelli di Her2 sono inferiori.
Maurizio Menicucci – Giornalista scientifico