14/10/2025

Le mutazioni cancerogene nelle cellule sane: nuove frontiere della prevenzione oncologica

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Il meccanismo del cancro, ridotto ai minimi termini e alla casistica più generale, parte da una mutazione del DNA che spinge la cellula a ribellarsi alle regole, a moltiplicarsi, e a diffondersi a spese dell’organismo ospite.

In realtà, ora sappiamo che l’oncogenesi non è così lineare e deterministica. E questo, se complica la lotta ai tumori, lascia anche spazio alle terapie farmacologiche in grado di ostacolarlo.

La scoperta che cambia la ricerca oncologica

Il dato più innovativo da cui prende le mosse la ricerca oncologica è che le mutazioni capaci di portare al cancro sono comuni anche nei tessuti sani.

In una persona di mezza età, ad esempio, metà della superficie dell’esofago e il 10% dello stomaco sono coperti da cellule con mutazioni potenzialmente cancerogene. Lo stesso fenomeno, con percentuali variabili, riguarda molti altri organi, tra cui intestino, polmoni e ovaie.

In modelli sperimentali, si è visto che la diversità delle mutazioni del DNA osservate nelle cellule sane potrebbe essere una strategia evolutiva in grado di fornire un “serbatoio” per l’adattamento cellulare in risposta a nuove aggressioni.

È anche possibile che un sottoinsieme di queste mutazioni possa contribuire a mantenere l’omeostasi – l’equilibrio – agendo come sentinelle che aiutano il sistema immunitario a individuare precocemente eventuali anomalie e a uccidere cellule cancerogene e sostituirle con cellule sane.

Il ruolo ambivalente delle mutazioni nelle cellule sane

La questione fondamentale è se queste mutazioni siano i catalizzatori iniziali – i “semi” – dell’oncogenesi, passeggeri passivi, o se al contrario siano i guardiani che contrastano la trasformazione cancerogena: il fatto più probabile e plausibile è che questi ruoli, l’uno a favore, l’altro contro, possano sovrapporsi o variare in contesti diversi nello sviluppo del cancro.

Non è un conflitto con vincitori e vinti, ma un braccio di ferro permanente tra buoni e cattivi: campioni di sangue prelevati a varie età dimostrano che le mutazioni, quali che siano, cominciano con la prima divisione cellulare del futuro embrione e continuano per tutta la vita, anche se, con il passar del tempo, entrano in gioco altri elementi che favoriscono il tumore.

Il gene PIK3CA e la metformina: una nuova strategia preventiva

Rafforzare le cellule con mutazioni benefiche, quindi, potrebbe essere un modo per prevenire il cancro. Un modo per farlo è aiutarle a emulare quelle cattive. Phil Jones, del Wellcome Sanger Institute, e il suo gruppo, si sono concentrati sul gene PIK3CA.

Questo gene regola lo sviluppo e la moltiplicazione cellulare, ma, quando è mutato, provoca una crescita eccessiva delle cellule che favoriscono il cancro: in particolare, le induce a cambiamenti metabolici che le aiutano a superare le cellule non mutate. I ricercatori britannici si sono chiesti se fosse possibile intervenire su queste ultime, sfruttando lo stesso meccanismo per invertire i rapporti di forza.

E almeno in un caso, ci sono riusciti. Nel corso di vari studi, condotti sempre su modelli sperimentali in vivo, e riassunti nel 2024 su Nature Genetics, hanno scoperto che la metformina, un farmaco usato da tempo per il diabete, induce lo stesso tipo di cambiamento metabolico anche nelle cellule non mutate all’interno dell’esofago.

In altre parole, arresta la crescita delle cellule con mutazioni del gene PIK3ca, armando quelle sane e mettendole in grado di resistere alla guerra ibrida da parte di quelle precancerose.

L’eterogeneità del cancro e le nuove tecniche di analisi

La portata di questi studi è potenzialmente enorme. Non di meno, il loro limite sta nella straordinaria varietà delle cellule e dei meccanismi molecolari dei tumori, per cui, ad esempio, una mutazione su un gene che riduce il rischio di cancro nell’esofago umano può non avere alcun effetto sul cancro della pelle.

Tuttavia le tecniche per venire a capo della eterogeneità del cancro sono sempre più efficienti.

CRISPR editing: modificare il codice genetico in un giorno

Pochi anni fa, testare il ruolo di una specifica variante genetica su modelli sperimentali richiedeva anni.

Oggi grazie al ‘Crispr editing‘, la tecnica che permette il cosiddetto taglia e cuci del genoma, possiamo modificare in solo giorno centinaia di siti specifici nel DNA di una singola cellula e verificare subito gli effetti, per selezionare i tratti e le modifiche più utili.

Sostanze cancerogene: effetti diretti e indiretti sulle cellule

Questo Il fattore rimette ancora una volta in primo piano il ruolo fondamentale giocato dai cosiddetti fattori ambientali, cioè esterni, nel concorso a trasformare una cellula con DNA alterato in un vero e proprio cancro.

Che le molecole inquinanti nell’acqua, nell’aria, negli alimenti, nei vestiti, nei detergenti e nei cosmetici siano collegate all’aumento dei tumori è un dato di fatto, anche se le modalità d’azione sono in gran parte ignoti.

Parecchi indizi suggeriscono, prima di tutto, di distinguerli tra effetti diretti e indiretti. Allan Balmain e i suoi colleghi dell’UCLA, in uno studio del 2020, riferiscono che solo tre delle 20 sostanze chimiche considerate cancerogene per l’uomo hanno dimostrato di indurre mutazioni.

Se ne può dedurre che l’80-90% delle sostanze cancerogene a cui le persone sono esposte potrebbe favorire la crescita dei tumori in altri modi, come influenzare il sistema immunitario dell’organismo.

L’infiammazione cronica: da difesa a minaccia

In sostanza, l’esposizione prolungata a queste sostanze può cronicizzare l’infiammazione, favorendo la metamorfosi delle cellule con mutazioni cancerogene in tumori conclamati.

In tal modo, una reazione immunitaria volta a rimuovere le sostanze irritanti e combattere le infezioni, come è per l’appunto l’infiammazione, diventa a lungo andare una porta per la malattia. La ricerca oncologica ha messo in luce numerosi casi di questa relazione di causa effetto mediate dall’infiammazione.

Ad esempio, che vivere anche solo tre anni in un luogo molto inquinato può far entrare le cellule dei polmoni in una fase di crescita tumorale; o che la risposta infiammatoria al reflusso gastrico, alle radiazioni solari ultraviolette e alle infezioni intestinali persistenti causate da batteri favorisce la diffusione di cellule con mutazioni dannose.

Interleuchina-1B: bloccare l’infiammazione per prevenire i tumori

Per questo, si comincia a pensare che sarebbe meglio agire sul sistema immunitario invece che sulle mutazioni cancerogene. Il primo passo è quello di identificare una molecola chiave nel processo infiammatorio. Da poco si è riusciti a individuarne una.

È l’interleuchina-1B. Questa proteina del sistema immunitario favorisce l’infiammazione che a sua volta alimenta lo sviluppo tumorale. Bloccandola, si è arrivati quasi a sopprimere la formazione di neoplasie nei topi esposti all’inquinamento atmosferico.

Dove va la ricerca oncologica: proteggere chi è a rischio

Limitare i danni causati dal sistema immunitario potrebbe rappresentare una svolta per le persone ad alto rischio di sviluppare un tumore.

Tra questi, i portatori di geni difettosi, gli ex fumatori, i pazienti già curati per un cancro e coloro che presentano lesioni precancerose, come polipi nel colon o lesioni non ancora maligne al seno o ai polmoni.

Una platea di casi che, con l’aumento dell’età media, sarà sempre più ampia.

Alle loro aspettative la Scienza è chiamata a rispondere. Offrendo, se non la guarigione – concetto irrealistico in una vita che, nonostante i sogni dei nuovi autocrati, non può essere eterna per nessuno – margini sempre più lunghi di remissione.

Foto del giornalista scientifico Maurizio Menicucci