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30/04/2024

5X1000 alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro: come vengono destinati i fondi?

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Il 5X1000 è una risorsa vitale per la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. È la principale fonte dei finanziamenti per i circa 300 ricercatori italiani e stranieri, che operano nei 39 Laboratori e Unità di Ricerca dell’Istituto di Candiolo – IRCSS, dove nuove terapie mirate a prevenire e a contrastare il cancro vengono continuamente sviluppate. Attualmente, i fondi del 5X1000 assegnati dalla Fondazione all’Istituto alimentano 8 progetti pluriennali sulle principali patologie tumorali.

Attraverso percorsi differenti, e in collaborazione con i più prestigiosi centri oncologici internazionali, questi progetti mirano allo stesso obiettivo: comprendere i meccanismi con cui i tumori insorgono, interagiscono con il nostro organismo, e sopravvivono alle nostre difese immunitarie.

Una delle caratteristiche vincenti di Candiolo, quella che di fatto ha ispirato la struttura originaria e ne indirizza lo sviluppo, è la cosiddetta ‘traslazionalità’. La capacità, cioè, di far dialogare la ricerca e la cura per aumentare la rapidità e l’efficacia nella messa a punto di nuove soluzioni terapeutiche. Questo grande e costante lavoro di squadra tra i laboratori e i reparti si è rivelato strategico nel condurre l’Istituto a risultati sempre più importanti, specialmente nell’ambito delle terapie personalizzate.

Grazie ai successi dei suoi ricercatori, e al 5X1000 che li ha resi possibili, Candiolo è cresciuto negli anni, fino a diventare un centro di riferimento internazionale e a raggiungere lo status di  primo Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico del Piemonte, come segnala appunto la sigla IRCSS che accompagna il suo nome. Ma come arrivano i fondi del 5X1000 a Candiolo, e come vengono selezionate le ricerche a cui sono destinati?

Ne parliamo direttamente con i due responsabili di questo complesso percorso scientifico e amministrativo che rappresenta la parte fondamentale dell’attività dell’Istituto: la professoressa Anna Sapino e il professor Livio Trusolino.

Dialogare con Anna Sapino, Direttrice Scientifica dell’Istituto di Candiolo – IRCCS, vuol dire seguirla nel suo quotidiano “parkour” – sì, ci vuole fisico! – di scienza praticata in proprio e organizzata per gli altri: vetrini al microscopio, telefonate ai colleghi, consulti ed eventi. Ogni tanto, si porge alle domande. Ogni tanto, non si sa quando – mai distrarti! – ti risponde. Sempre come un libro scandito da un fine dicitore, anche in mezzo al traffico, perché sostiene di non praticare yoga, ma è chiaro che lo fa nel sonno, quando non se ne accorge.

Mai come in queste settimane, poi, il tema lo sceglie lei, anche perché ne porta tutto il peso, e non è poco, visto che si tratta di ripartire (“bisogna fare miracoli, i fondi non bastano mai,”) tra tanti progetti il principale sostegno all’attività di ricerca di Candiolo: il 5X1000. Con modestia tutta sabauda, però, la direttrice scientifica dell’Istituto lascia la prima parola all’interlocutore: “Da dove cominciamo?”

Be’, professoressa, dal primo passo: chi dona il 5X1000 del suo reddito alla ricerca sanitaria lo assegna a un ente, del quale indica il codice fiscale (nel caso di Candiolo, è la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, CF 975190700011), ma non può darlo a un singolo progetto…

“E’ così. I fondi che ci arrivano con il 5X1000 sono genericamente destinati alla ricerca sul campo, poi sta a noi decidere gli obiettivi”.

E allora, veniamo al punto. Su quali progetti saranno indirizzati i fondi del 5X1000, quest’anno e come siete arrivati a identificarli?  

 Anche grazie all’esperienza che acquisisco osservando i tumori al microscopio, ho pensato che potesse essere utile focalizzarci sui carcinomi del tratto gastroenterico, alcuni dei quali danno risposte molto variabili al trattamento, sia chirurgico, sia medico. Il progetto si chiama CARESS, e ha una durata triennale.

Una premessa: di solito, la ricerca escogita qualche novità e la passa alla clinica per ulteriori verifiche. Quest’anno, abbiamo invertito un po’, diciamo così, il senso di quel dialogo traslazionale tra i laboratori e i reparti che poi è la filosofia dell’Istituto di Candiolo. Abbiamo cercato prima di capire quali fossero le esigenze dei medici per i loro pazienti e, in base alle richieste, abbiamo circoscritto gli ambiti di ricerca più adatti.

A questo punto mi sono rivolta al collega che ha più esperienza sui tumori del colon retto, il professor Livio Trusolino, e lui ha contattato i collaboratori che riteneva più idonei. Poi, abbiamo disegnato un piano complessivo, diciamo una piattaforma, composta da molte ricerche, sulla cosiddetta ‘malattia residuale’.

Parliamo del cancro che riparte dopo l’intervento o la terapia medica, a causa di alcune cellule che sono capaci di sottrarsi ai trattamenti e, dopo un certo periodo, di riprendere a proliferare. Come fanno a resistere, o a nascondersi al farmaco? Perché alcune rispondono e altre no? È a tali questioni che vorremmo trovare risposte. Si tratta di percorso per identificare i progetti sui quali investire che ovviamente è condiviso con il Comitato Tecnico Scientifico della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, composto da esperti internazionali”.

Che cosa vi aspettate, da questo programma di ricerca sui tumori gastrointestinali?

“Di riuscire ad avere un certo numero di parametri obiettivi per poter definire a priori i tumori che rispondono meno, individuando a uno stadio molto precoce le cellule cancerose in agguato. Ad esempio, vorremmo riuscire a trattare con la chemioradioterapia pre-operatoria anche tumori iniziali del retto, che di solito vengono subito operati. L’idea è di non sottoporre più questi pazienti a una resezione, che può avere pesanti effetti collaterali, ma di offrire una chirurgia mini-invasiva”.

E con questo, la professoressa Anna Sapino ci avvia con disposizioni tassative (“sempre dritto, ala opposta, ascensore, terzo piano”), e scoraggiando un’eventuale sosta al bar, verso altri territori. Sono quelli del collega che si occupa sul campo di tradurre i soldi donati alla Fondazione in progetti di ricerca oncologica efficaci, immediati nelle loro applicazioni cliniche, e ovviamente, senza sprechi allo sguardo poco flessibile dei revisori.

Livio Trusolino ha gli occhi grandi e azzurri del curioso timido, una categoria antropologica che spesso nasconde i ricercatori più tenaci, ma non è per quello che si schermisce dai riflettori, definendosi “il cane da pastore che armonizza il gregge del 5X1000 di Candiolo”.

L’immagine parodistica minimizza la realtà di un percorso che è impegnativo per lui, teso per i giovani ricercatori che scalpitano nei laboratori, di oscillante speranza per tanti pazienti. Occorre decidere i temi, (“tenendosi informati – sospira – su buona parte di quel che si fa a livello internazionale attraverso le principali riviste scientifiche”), distendere davanti a sé le attività di Candiolo e selezionarne una dozzina, dopo averne valutato la coerenza, le possibili sinergie, o le sovrapposizioni, e la probabilità di risultati utili nei tre anni che sono la loro durata standard.

Ogni anno, inoltre il progetto va verificato ed eventualmente aggiustato in corso d’opera. Se non bastasse, con il suo terzo occhio, o forse il quarto, il ‘cane da pastore’, o meglio, ‘da guardia’, sorveglia anche lo stile degli scritti: “E’ importante armonizzarli, perché devono essere chiari a tutti, non solo agli addetti ai lavori”.  

Professore, possiamo approfondire un po’ il focus del 2024: i tumori che si dimostrano refrattari alle cure?

“Il problema è che anche le migliori terapie non riescono a eradicare completamente il cancro. Purtroppo, sopravvivono sempre dei microscopici ammassi di cellule alterate, che possono far ripartire la malattia. Le dodici ricerche selezionate quest’anno, muovendo da alcuni dei tanti elementi e fattori diversi del tumore, convergono sull’obiettivo di valutare i meccanismi di questa resilienza. La vera novità è che non lo fanno nel momento in cui si manifesta la ricaduta, statisticamente tardivo, ma nel momento di massima risposta del tumore originario alle cure, quando questi aggregati sono ancora molto piccoli”.

Ovviamente, siamo solo all’inizio del percorso d’indagine.

“Sì, dimensioni a parte, le strategie con cui queste cellule fanno eccezione, sfuggendo alla chemioterapia, sono numerose e diabolicamente ingegnose. Alcune cellule cancerose, ad esempio, si sottraggono alla terapia e alle indagini ritornano più simili a quelle normali, ecco perché parlo di resilienza”.

Il punto di forza di Candiolo è la Biobanca (una nuova, più grande, più innovativa è in fase di progettazione), diretta proprio da Trusolino, dove si preparano e si coltivano migliaia di campioni bioptici e chirurgici donati dai pazienti oncologici. Offre ai ricercatori la possibilità di condurre sperimentazioni su una grande quantità di tessuti vivi, i cosiddetti organoidi, molto simili agli organi da cui sono stati prelevati, che permettono di operare senza problemi di tolleranza alle terapie e di effetti collaterali per i pazienti.  

“La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro sta investendo tanto per mettere noi ricercatori e i medici nelle condizioni migliori per fare significativi passi avanti nella lotta contro il cancro. La nuova biobanca rappresenta davvero una svolta per le ricerche che abbiamo in essere”.

Non vorrei chiedere all’oste com’è il suo vino, ma che cosa pensa, nel complesso, di questa nuova serie di progetti triennali che state avviando qui a Candiolo con criteri di indagine innovativi e forti sinergie tra le varie linee di ricerca?

“Sono soddisfatto delle scelte che abbiamo fatto, posso dire che le trovo convincenti dal punto di vista del metodo e dei contenuti scientifici e credo che riusciremo a raggiungeremo obiettivi importanti nella terapia, nella prevenzione dei tumori, e in particolare nella comprensione dei meccanismi molecolari a partire dai quali si sviluppano”.