Da qualche anno la scienza ha preso a guardare con rinnovato interesse alle comunità di batteri, lieviti e altri microrganismi che a decine di miliardi vivono nel nostro corpo, tanto che li ha ribattezzate microbioti.
Ce ne sono molti di microbioti, ad esempio nella cute, nella bocca, nei polmoni, nell’apparato urogenitale.
Quello di cui parliamo oggi, il microbiota intestinale, è indispensabile per digerire, produrre vitamine, ostacolare la proliferazione di organismi patogeni, aiutare il sistema immunitario. Se sta bene lui, stiamo bene anche noi e viceversa.
Naturalmente anche nel recupero di una persona operata di tumore al colon-retto, la ripresa della normale funzione gastrointestinale è un elemento cruciale, quindi il suo microbiota deve essere valutato con grande attenzione.
Ed è questo appunto l’obiettivo di uno studio dell’Istituto di Candiolo – IRCCS che è tra quelli finanziati dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro con le donazioni del 5X1000 e coinvolgerà anche gli ospedali della rete oncologica dell’area metropolitana torinese.
Professor Borghi, si è visto ad esempio che la modificazione del microbiota proprio perché ha a che fare con il metabolismo può essere causa di particolari complicanze post-operatorie?
Sì, e alcuni tipi di batteri possono influenzare la tenuta delle strutture intestinali.
Alcuni batteri si è visto che favoriscono la cicatrizzazione, altri invece digeriscono i tessuti favorendo la rottura di questa anastomosi e quindi portandoci a quella che è la nostra più temuta complicanza che è la deiscienza anastomotica che può essere anche molto grave per il paziente.
Qual è l’obiettivo di questa ricerca? Cercare di validare le varie tipologie di microbiota e quindi vedere il rapporto di questo microbiota con il cancro, quindi vedere i pazienti che hanno il tumore se sono associati a particolari tipi di microbiota e poi vedere anche le modificazioni di questo microbiota in base ai vari momenti terapeutici o preparatori diagnostici del paziente affetto da cancro.
Quali domande vi ponete e quali risposte vorreste ottenere? La prima è capire se analizzando il microbiota noi possiamo predire l’andamento della malattia, quindi capire quale sarà la prognosi di questa malattia e capire anche la risposta alle cure.
La seconda è vedere se attraverso l’analisi del microbiota noi possiamo capire quali sono i malati che sono predisposti alla formazione del cancro e quindi può diventare un modello di diagnosi precoce, molto poco invasivo rispetto agli screening che si fanno attualmente.
Il vostro studio rappresenta un approccio innovativo nella chirurgia colorettale che a sua volta è parte di un programma molto più ampio, il protocollo ERAS.
Di che si tratta? Il protocollo ERAS è una serie di strategie che hanno un’alta evidenza scientifica che noi applichiamo in maniera completa sul paziente, che vanno dalla parte di preparazione del paziente dal punto di vista psicologico, fisico, nutrizionale, al trattamento chirurgico mini-invasivo.
Noi applichiamo tecniche robotiche, laparoscopiche, quindi cerchiamo di essere meno invasivi possibili. L’anestesista deve ridurre al massimo il dolore evitando quindi anche le complicanze con le sue terapie.
Nel post-operatorio ovviamente mobilizziamo il malato molto rapidamente, gli diamo da mangiare subito, evitiamo sondini, drenaggi, cateteri. Tutto questo è fatto per ottimizzare la ripresa post-operatoria del paziente e soprattutto non abbattere le sue difese immunitarie ma mantenerlo sempre pronto a difendersi contro la neoplasia.
Che ruolo ha in questo protocollo l’Istituto di Candiolo – IRCCS?
Questo studio è l’unico in Italia con coinvolgimento di tutte le strutture e ha portato a un miglioramento della gestione dei pazienti con una riduzione delle degenze ma soprattutto riduzione delle complicanze e quindi miglioramento della ripresa post-operatoria del paziente.
Adesso noi in Candiolo stiamo applicando questo protocollo a tutte le chirurgie anche a quelle più complesse perché il primo protocollo era applicato al colon-retto.
Adesso lo applichiamo all’esofagectomie, allo pancheosectomie, gastrectomie, c’è interventi ancora più complicati fino all’estremo che è una tipologia di intervento che facciamo solo qui a Candiolo che è la chirurgia citoreductiva e l’aipiche che sarebbe l’ipertermia e la chemioterapia intraoperatoria in cui anche in questi malati, interventi molto complessi, demoliti con asportazione di organi, di peritoneo e più questa chemioterapia a 41-42 gradi, quindi molto invasiva sul paziente.
Anche in questi pazienti stiamo applicando questo protocollo e lo abbiamo anche proposto a livello multicentrico nazionale come capofila.