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23/12/2024

Il Caregiver: l’esperienza di Barbara a Candiolo.

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Qual è il momento più forte nell’essere Caregiver?

Cristina Chiabotto: Edizione speciale di Natale. Vogliamo parlare di questo ruolo veramente di grande importanza, di sostegno e di forza che è quello del caregiver. Quindi stare a fianco a una persona malata. Oggi sono con te, Barbara, che stai lottando assieme alla tua mamma. Qual è il momento più forte nell’essere caregiver?

Barbara: E ce n’è, ce n’è qualcuno, diciamo. Quello più di impatto è stato il momento della diagnosi. Mi sono sentita letteralmente gelare il sangue nelle vene. E poi avevo mamma lì, sulla carrozzina vicino a me. L’ho guardata e mi sono veramente sentita destabilizzata da questi occhioni azzurri.

Ci guardavamo, come dire: “E adesso?” Perché ti rendi conto che cambia tutto, e anche proprio quello che eri abituato a fare fino al giorno prima, e nei giorni poi successivi inizia a essere un pochino più lucida, e dici ok, adesso cosa posso fare?

Però in realtà, il controllo non ce l’hai su queste cose e quindi ti affidi a questi medici, a questo personale sanitario che onestamente ha fatto, per lo meno per mia mamma, di tutto e di più; tant’è che inizialmente la diagnosi era davvero brutta e le erano stati dati tre – quattro mesi di vita.

Mi ricordo era il mese di maggio, quindi ho fatto lì sul posto il conto. Insomma, dopo qualche giorno dalla diagnosi effettiva poi di fronte a una Commissione perché ci sono tanti step e io ho detto oddio adesso cosa faccio io e la mia famiglia faremo un bel salto nell’oblio.

È un impatto molto forte, quindi impari ad avere pazienza, ad accettare quello che gli altri ti possono dare, ad affidarti alle mani e all’esperienza di questi medici. Vivere giorno per giorno, cercare di sistemare anche le piccole cose anche in casa, in modo che magari in quei periodi in cui c’è della debolezza per via delle cure eccetera e uno si possa muovere in casa in modo e anche un pochino autosufficiente un po’ più libero e quindi vivi diciamo alla giornata

In questo percorso che hai avuto hai trovato aiuto? C’è stato un supporto?

Cristina Chiabotto: In questo percorso che hai avuto hai trovato aiuto? C’è stato un supporto?

Barbara: Beh guarda, qui intanto ci sono delle risorse molto importanti, perché adesso sembra di dire una stupidaggine, ma a partire dal parcheggio perché tu arrivi e parcheggi cioè io che ho comunque una mamma già anziana.

Cristina Chiabotto: Posso chiedere l’età, quanti anni ha?

Barbara: Ha quasi 85 anni perché poi nel frattempo ecco il regalo più grande sono stati questi tre anni e mezzo in più, che questo centro come chiamo io, di cura, hanno regalato a mia mamma.

Cristina Chiabotto: Perché ha iniziato il suo percorso.

Barbara: Ha iniziato il suo percorso al di là di ogni aspettativa e ringraziando il cielo i medici ancora qui per chi non sta bene comunque su una carrozzina o comunque debole o è solo deve venire a fare le cure uscire anche poi dopo un’infusione dopo no.

Cure piuttosto impattanti ecco avere anche solo il parcheggio come servizio è tantissimo, veramente tantissimo.

C’è stato un incontro, magari che ti ha colpito?

Cristina Chiabotto: Che approccio hai come impatto umano? Ti sei sentita coccolata? Vi siete sentite coccolate? C’è stato un incontro, magari che ti ha colpito?

Barbara: Beh, tutto subito, ero troppo presa dalle preoccupazioni, dalla paura. Sentivo tutto molto freddo. Però piano piano entri a far parte di qualcosa che non ha soltanto l’aspetto negativo della malattia, perché paradossalmente qua dentro trovi tantissime persone che sorridono nonostante tutto.

Chi veramente fa più coraggio, guarda caso, normalmente sono i pazienti che magari in quel momento stanno anche malissimo ma ti dicono ma anche tra gli amici che ho e che mi sono anche portata oggi un gruppo.

Cristina Chiabotto: Che ti segue si creano dei rapporti speciali dove ti puoi confrontarti.

Barbara: Chi mi aiuta di più sono proprio. Primo i malati oncologici. Noi caregiver, sembra strano dirlo, probabilmente siamo più fragili, non lo so. O in quel momento loro hanno una forza d’animo.

Cristina Chiabotto: Che li spinge.

Barbara: Che li spinge a lottare.

Tu in questo periodo sei riuscita a dedicarti anche un po’ a te, cosa si riesce a fare per se stessi?

Cristina Chiabotto: Tu in questo periodo sei riuscita a dedicarti anche un po’ a te? Cosa si riesce a fare per se stessi? Perché effettivamente le priorità cambiano.

Barbara: Le priorità cambiano. Certamente. Adesso parlo del mio caso, della mia mamma. Ma penso chiunque abbia una persona cara, una sorella o un conoscente che debba aiutare chiaramente e la priorità cambia tutto per tutti la priorità e per chi non sta bene come è giusto che sia.

E non è un peso fare dei sacrifici perché la parola sacrificio non è una bella parola. Si fanno però li fai per amore e quindi fa bene anche a te. Che poi siamo esseri umani, no? Ci sono dei momenti in cui uno dice momento cosa sto facendo? Cosa sto? Dove sto andando?

E la cosa che ho fatto è di intraprendere privatamente un percorso psicologico perché non ero a conoscenza appunto delle iniziative che qui, a quanto capisco sono piuttosto ce ne sono parecchie.

Se posso dire una cosa quando uno viene qua. Io mi sono portata libri. Di tutto, di più Settimana enigmistica non sono mai riuscita a fare niente cioè riesco a farlo 10 minuti poi devi guardare il numerino.

Nel momento in cui insomma ti spetta tua mamma fare gli esami piuttosto che altro però ecco qui è un posto dove davvero qualsiasi cosa e l’esame la TAC la risonanza è tutto qua. E alla fine la nostra psicologa dottoressa Elisabetta Gaido a cui noi vogliamo molto bene mi ha risposto immediatamente.

Io dopo 2 o 3 giorni ero già qua con il mio gruppetto per la terapia di gruppo.

Questa cosa vi unisce ancora di più, forse nel raccontare insieme a qualcun altro la tua storia?

Cristina Chiabotto: Questa cosa vi unisce ancora di più, forse nel raccontare insieme a qualcun altro la tua storia?

Barbara: Sì, perché paziente e caregiver vivono, diciamo sembra, due realtà diverse, ma non sono su due binari paralleli che non si incontrano. Il binario è lo stesso. E quindi facendo questo gruppo di terapia insieme e confrontandoci.

E il caregiver capisce nei minimi termini perché credo che non ci si può mettere nei panni di un malato oncologico ci si prova, si entra in empatia e viceversa. E il malato oncologico cerca di capire come si può sentire chi si occupa appunto di lui o di una persona malata.

Cosa consiglieresti a chi si trova nel tuo stesso ruolo?

Cristina Chiabotto: Che consiglio daresti a chi ha il tuo ruolo, quindi a chi lotta assieme a una persona? Se c’è. Non penso esista manuale, perché è emotivo e soggettivo. Però, che cosa consiglieresti?

Barbara: Intanto direi che siamo tutti molto diversi e quindi io consiglio di farsi avanti perché qui si parla con l’anima con gli occhi sono situazioni molto potenti e noi diciamo sempre caro dolore non ti possiamo come dice la nostra psicologa nessuno ce lo può togliere però questo cavolo di dolore si può dire cavolo c’è qualcosa di buono ce lo deve lasciare perché altrimenti no? Perché altrimenti cosa ce ne facciamo? E allora capisci che c’è proprio una parte intima di noi stessi che qui viene fuori in un modo anche molto carino. A volte si piange, non lo nego, ecco.

Però è un posto dove cerchiamo di trasformare il dolore, ci diamo tanti consigli e soprattutto ci piacerebbe creare questa rete di consapevolezza di queste risorse, perché così non siamo mai soli. Direi che questo questa terapia di gruppo serve veramente tanto.

Cristina Chiabotto: Hai fatto bene a consigliarlo, Lo consigliamo a tutti che questo è un modo anche per parlarne e per non buttar fuori tutte le iniziative che ci sono. Grazie Barbara, grazie mille. Mi hai fatto pure piangere. Grazie di cuore. Un bacio alla tua mamma e noi vi salutiamo perché questa è l’edizione speciale di Natale. Ci ritroveremo l’anno nuovo con tantissime bellissime novità e iniziative che hai raccontato e Buon Natale pieno di speranza anche dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. Ringraziare te. Grazie a te Un bacione. Auguri, Buon Natale.