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13/01/2025

Tumore dell’endometrio: l’unione fa la forza

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Dottori che operano tumore dell'endometrio

All’Istituto di Candiolo – IRCCS si applica un approccio sinergico alla malattia, dalla prevenzione fino alla personalizzazione dei trattamenti.

L’unione fa la forza. Si tratta forse di uno slogan abusato, ma la sinergia fra misure di prevenzione, diagnosi precoce, caratterizzazione biomolecolare e personalizzazione delle terapie potrebbe ridurre drasticamente l’impatto del tumore dell’endometrio nella popolazione femminile.

Sebbene sia la più frequente neoplasia della pelvi, e la sua incidenza sia in aumento soprattutto nei paesi sviluppati, le armi a disposizione di pazienti e medici sono in realtà molteplici. Innanzitutto, per il tumore dell’endometrio esistono efficaci misure di prevenzione primaria, come l’adozione di un corretto stile di vita teso a ridurre obesità e iperinsulinemia (eccesso di insulina nel sangue), due importanti fattori di rischio modificabili.

Inoltre, nelle donne con fattori di rischio non modificabili, come una predisposizione genetica alla malattia (Sindrome di Lynch), l’asportazione profilattica mini-invasiva di utero e ovaie dopo il completamento del loro piano riproduttivo consente di eliminare il rischio, contenendo al minimo l’impatto fisico e psicologico dell’intervento. In secondo luogo, i sintomi della malattia (sanguinamento anomalo dai genitali esterni e/o riscontro ecografico di anomalie dell’endometrio) sono spesso precoci.

All’Istituto di Candiolo – IRCCS operano ecografisti pelvici certificati che, utilizzando ecografi di ultimissima generazione, garantiscono un efficace triage delle patologie endometriali.

La possibilità di intervenire quando la malattia è in stadio molto iniziale si associa a un’ottima prognosi. Inoltre, in pazienti desiderose di mantenere la loro fertilità, una diagnosi tempestiva può consentire la preservazione dell’utero, con un piccolo intervento chirurgico (resettoscopia) e l’utilizzo di dispositivi intrauterini a lento rilascio di progesterone.

Anche nelle forme in stadio più avanzato il trattamento chirurgico si è evoluto e oggi consente interventi sempre più mirati, come l’abbandono della linfoadenectomia sistematica in favore della biopsia del linfonodo sentinella e un sempre maggior impiego della chirurgia laparoscopica e robot-assistita.

L’Istituto è in prima linea nello sviluppo di questa chirurgia mini-invasiva che si è dimostrata particolarmente efficace in pazienti sovrappeso, quali sono tipicamente quelle affette da tumore dell’endometrio, riducendo tempi di degenza e morbilità post-operatoria rispetto alla chirurgia ad addome aperto.

La nuova classificazione patologica e molecolare integrata ha rivoluzionato l’approccio terapeutico del tumore dell’endometrio attraverso una migliore definizione delle classi di rischio di ricaduta e, di conseguenza, delle indicazioni ai trattamenti adiuvanti post-operatori.

Presso l’Anatomia Patologica dell’Istituto viene adottato routinariamente un algoritmo diagnostico che utilizza tecniche di immunoistochimica e di sequenza genica per definire quattro sottogruppi molecolari della neoplasia. Questo algoritmo, oltre a migliorare la personalizzazione dei trattamenti, seleziona le pazienti a rischio per la trasmissione ereditaria della malattia (deficit delle proteine MMR) per le quali esiste un percorso dedicato di consulenza e test genetico.

Infine, nelle pazienti a maggior rischio di recidiva, radioterapia e chemioterapia rivestono tuttora un ruolo importante nel migliorare la prognosi e sono state recentemente affiancate da nuovi farmaci biologici molto promettenti. L’immunoterapia, ad esempio, ha una spiccata efficacia nelle neoplasie con deficit delle proteine MMR che rappresentano circa il 30% dei tumori dell’endometrio.

Questi farmaci vengono già utilizzati, da soli o in associazione, nella malattia avanzata o recidivante, ma è in corso di sperimentazione la loro introduzione anche per pazienti in fase più iniziale sulla base della caratterizzazione clinica e biomolecolare della loro neoplasia.