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13/05/2024

Immunogenomica: il paziente più forte contro il cancro

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Curare i tumori agendo sulle cellule dell’apparato immunitario: quella che pochi anni fa era solo una promessa, sta diventando realtà. L’“immunogenomica”, così si chiama questo nuovo settore della ricerca oncologica, punta a sfruttare le conoscenze della genomica per aumentare la capacità del sistema immunitario di riconoscere e distruggere le cellule cancerose. Per farlo esplora due strade: una è la cosiddetta immunoterapia checkpoint, che consiste nel rimuovere i segnali di stop con cui le cellule tumorali bloccano quelle immunitarie, potenziando così la reazione del paziente contro il tumore; l’altra è l’immunoterapia detta adottiva, che consiste nell’inoculare nel paziente cellule immunitarie killer, modificate per riconoscere il tumore.

L’Istituto di Candiolo – IRCCS, grazie ai fondi del 5X1000 destinati alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, segue entrambi gli indirizzi con sette gruppi di lavoro, per un totale di trenta ricercatori, riuniti nel progetto CANCER-IMGEN, che vanta 29 pubblicazioni in cinque anni di attività.

Lungo la prima strada, in Istituto si stanno studiando le basi genetiche della risposta immunitaria a farmaci che sbloccano i freni immunitari messi in atto dalle cellule tumorali. Queste molecole si sono dimostrate efficaci in alcuni tipi di linfomi e tumori solidi dell’apparato digerente. L’analisi genomica dei tumori ci permette poi di identificare quelli che tendono ad accumulare più mutazioni, perché risultano più “estranei” all’organismo, e che rispondono meglio alle terapie checkpoint.

Il Professor Medico (terzo da sinistra) con il suo gruppo di ricerca

Nel mio laboratorio stiamo poi lavorando nella seconda direzione, l’immunoterapia adottiva, con l’uso di tecnologie avanzate per ingegnerizzare cellule immunitarie killer e renderle in grado di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Questo si ottiene introducendo nelle cellule killer un recettore artificiale detto “CAR” (Chimaeric Antigen Receptor). Le cellule immunitarie vengono prelevate dal paziente o da un donatore, ingegnerizzate con il CAR in laboratorio e quindi espanse e reinfuse nel paziente. Questo approccio è efficace in alcune leucemie e linfomi, ma risulta ancora inadeguato per i tumori solidi.

Questo innanzitutto perché vanno sviluppati altri CAR specifici, poi perché un tumore solido riesce a formare una barriera alla penetrazione delle cellule immunitarie e bisogna capire come infrangerla. Un secondo limite dell’attuale terapia con CAR è che ha costi altissimi. Per superare questi due limiti, il mio laboratorio sta lavorando allo sviluppo di cellule killer con CAR specifici per tumori solidi, in particolare del colon, evidenziando la loro efficacia in modelli sperimentali e alla generazione di cellule ingegnerizzate che possano essere espanse, cioè moltiplicate molto ampiamente e per molto tempo, per essere utilizzate in più pazienti come se fossero un farmaco.

Abbiamo verificato in laboratorio l’efficacia di queste cellule, che sono del tipo natural killer, su tumori del colon e ovaio, e stiamo lavorando a ulteriori loro modifiche per renderle in grado di penetrare le barriere del tumore. Studiamo anche perché alcuni casi rispondono bene e perché altri no con due obiettivi: identificare in anticipo i casi responsivi, per dare la terapia giusta al paziente giusto, e sviluppare nuovi approcci terapeutici nei casi resistenti.