27/10/2015
Notizie da Candiolo
Uno studio coordinato da un team dell’Istituto di Candiolo – IRCCS e pubblicato su Nature rivela che alcune anomalie del DNA tumorale predicono la resistenza alle terapie oggi in uso e possono essere bloccate da farmaci di ultima generazione
Il tumore del colon è uno dei più frequenti in Italia, con un’incidenza di 40-50 nuovi casi all’anno ogni 100.000 abitanti. Nella malattia avanzata inoperabile si usano spesso il cetuximab o il panitumumab, due anticorpi che bloccano l’attività di una proteina chiamata EGFR. Purtroppo questi anticorpi funzionano solo in una piccola parte di pazienti (circa il 15%) per ragioni non completamente chiarite. A oggi è noto che se le cellule neoplastiche contengono mutazioni del DNA a carico di geni conosciuti come ‘geni della famiglia RAS’, presenti in circa la metà di tutti i tumori del colon, gli anticorpi sono inefficaci; tuttavia, resta da capire perché alcuni (pochi) tumori rispondono bene agli anticorpi anti-EGFR e altri (molti) non rispondono per nulla nell’altra metà dei casi che non hanno mutazioni in questi geni.
Andrea Bertotti e Livio Trusolino dell’Istituto di Candiolo hanno deciso di esplorare nel dettaglio questa sottopopolazione “RAS-negativa”. In collaborazione con Victor Velculescu della Johns Hopkins University di Baltimora, il gruppo di lavoro coordinato da Bertotti e Trusolino ha analizzato il genoma (l’intera sequenza del DNA) in circa 200 tumori del colon per i quali la risposta (positiva o negativa) al trattamento con gli anticorpi anti-EGFR era rintracciabile nella storia clinica dei pazienti o nei dati di laboratorio. In questo modo i ricercatori hanno identificato una serie di errori nella sequenza del DNA tumorale che correlano con la sensibilità o la resistenza all’inibizione di EGFR. Non solo: quando i tumori con le alterazioni di resistenza, e quindi refrattari agli anticorpi anti-EGFR, sono stati impiantati in cavie da laboratorio e sono stati trattati con farmaci di ultima generazione che disattivano tali alterazioni, spesso hanno smesso di crescere o sono addirittura regrediti.
Lo studio, pubblicato su Nature e finanziato dai proventi del 5×1000 che i cittadini hanno destinato all’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e alla nostra Fondazione, fornisce le basi per offrire nuove opportunità terapeutiche ai malati di tumore al colon resistente alle terapie oggi in uso.
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