01/02/2011
Notizie da Candiolo
Un recente lavoro scientifico pubblicato sulla rivista Nature del 28 ottobre 2010 (467, 1114-1117, 2010) ha dimostrato quello che da sempre gli oncologi sospettavano: passano circa 15 anni dal momento in cui una cellula degenera e diviene cellula tumorale a quando compaiono manifestazioni cliniche evidenti, che inducono la persona a rivolgersi al medico. E’ un tempo lunghissimo che deve essere sfruttato per diagnosticare e curare con maggior tempestività i malati, aumentando le opportunità di successo clinico. Questa scoperta trae ulteriore vantaggio dai grandi passi avanti che stanno avvenendo nell’ambito delle tecnologie da utilizzare nello scoprire le alterazioni genetiche (mutazioni) che causano l’inizio del cancro. Le tecniche per individuare le mutazioni genetiche responsabili del cancro si basano sul sequenziamento del DNA, ovvero sull’identificazione delle componenti molecolari dei nostri geni e della loro corretta posizione. Il nostro DNA è costituito da 4 molecole base che si ripetono miliardi di volte con ordine sequenziale specifico. Basta molto poco per produrre gravi danni. Le tecniche del sequenziamento del DNA, attualmente in uso nella maggior parte dei laboratori e degli ospedali, risalgono a quanto mise a punto nel 1975 Frederick Sanger, premio Nobel per la chimica nel 1958 e nel 1977. Questa tecnica è molto precisa, ma poco efficiente in quanto permette di sequenziare un numero di molecole base per volta relativamente piccolo (300-1000; il DNA umano contiene più di 3 miliardi di molecole base). Attualmente sono state messe a punto delle tecnologie di sequenziamento definite di II generazione e l’Istituto di Candiolo ne è entrato in possesso, primo tra i centri oncologici piemontesi, tra i primi in Italia. Questa tecnica ha fondamenti completamente diversi e rivoluzionari rispetto alla metodologia Sanger e permette di sequenziare milioni di molecole base del DNA per volta. Al momento tale tecnologia non è ancora rivolta all’utilizzo clinico quotidiano, ma il suo futuro utilizzo sarà importante per diversi aspetti. Per prima cosa, riducendo i costi, accelererà i processi diagnostici rendendoli maggiormente disponibili a un maggior numero di pazienti. In secondo luogo permetterà di affiancare in modo più efficace alla diagnosi istologica, quella molecolare. Una diagnosi più precisa permette cure più personali e pertanto più efficaci sia dal punto di vista della cura che dalla riduzione degli effetti collaterali. Infine permetterà di misurare il DNA mutato, responsabile del cancro, nel plasma del paziente e non più soltanto nel tessuto malato. Quest’ultimo aspetto riveste enorme importanza non solo dal punto di vista della diagnosi ma soprattutto per seguire l’efficacia della terapia. Infatti la presenza del DNA mutato nel plasma è determinata dal tumore che rilascia cellule morte. Pertanto la scomparsa o la riduzione del tumore si accompagna ad una scomparsa o riduzione del DNA mutato. Presto sarà messo a punto il sequenziamento di III generazione, in cui sarà possibile identificare la mutazione a livello della singola cellula. L’esperienza che l’Istituto di Candiolo sta accumulando in questo campo permetterà di acquisire con successo nel prossimo futuro anche questa sfida tecnologica.