06/11/2025

Carcinoma ovarico: la storia di Michela e le cure all’avanguardia di Candiolo

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Sul tumore facciamo rumore, edizione speciale Life is Pink, la campagna della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro contro i tumori femminili.

Oggi parliamo del carcinoma ovarico, lo facciamo assieme a Michela, grazie per essere qui con noi, e con il dottor Luigi Carlo Turco, direttore dell’Ovarian Cancer Center dell’Istituto di Candiolo – IRCCS.

L’inizio del cammino dopo la diagnosi di carcinoma ovarico

Michela, iniziamo con te. Raccontami il tuo percorso, l’inizio di questo cammino dopo che hai ricevuto la diagnosi.

Allora, io sono qui a Candiolo in cura presso il dottor Turco da circa sette mesi. In realtà il mio cammino è iniziato molto prima perché ho 40 anni e ho saputo di avere la mutazione, quindi mi sono fatta controllare ogni sei mesi, come da prassi.

Purtroppo però il cancro si è presentato subito, diciamo poco tempo dopo, sette mesi fa. Diciamo che quando ho avuto la diagnosi la mia reazione più forte è stata forse la rabbia, perché speravo arrivasse dopo. Però detto questo poi ho preso in mano la situazione e ho detto: cosa c’è da fare, si fa. Bisogna fare così.

L’intervento di citoriduzione: esperienza e recupero

Tu hai seguito un intervento di citoriduzione HIPEC, perché sono procedure molto complesse. Che ricordi hai di quel periodo e il rapporto con i medici di Candiolo?

Allora, parto dal rapporto con i medici perché è fantastico, quindi non c’è stato nulla che si possa dire brutto per me, ma neanche l’intervento, perché realmente non me ne sono accorta. Quindi mi sono svegliata tranquillamente, nel giro di due giorni ero in piedi e a una settimana ero già fuori e oggi siamo a un mese e mezzo, mi vedete qua.

Come cambia la vita dopo il tumore ovarico

Hai un’energia bellissima, ti faccio i miei complimenti perché non è da tutti affrontarla così. Come è cambiato il tuo modo di guardare la vita dopo tutto quello che ti è successo? Che priorità dai oggi?

Questa è una domanda complessa, però cerco di rispondere breve. Allora, la vita in realtà non ho cambiato molto la prospettiva, l’ho sempre vista come una cosa importante e preziosa, ma anche perché ho avuto precedenti esperienze con i miei genitori e quindi ho imparato ad amarla, punto. Invece per le priorità ammetto che la malattia se vuoi da questo lato le do un grazie, perché mi ha insegnato a mettermi come priorità.

Ed è questo forse stato il più grosso cambiamento che ho subito grazie alla malattia e questo è stato molto bene. Oltretutto cerco anche di trasmetterlo anche agli altri, perché a volte ci si dimentica un po’ di se stessi.

Un messaggio di speranza per chi affronta il carcinoma ovarico

Sono d’accordo, a volte devono succedere le cose forti per capirlo, bisognerebbe un po’ lavorare su di noi. Non è facile perché in teoria è tutto bellissimo, poi nella parte pratica è più complicato. Candiolo è descritto come un luogo pieno di speranza, no? Che messaggio daresti alle pazienti o coloro che intraprendono questo percorso?

Allora, sicuramente speranza assolutamente sempre, indipendentemente da Candiolo, questo lo voglio dire a tutte.

Poi detto questo sicuramente qua c’è certezza, sicurezza, cioè quello che puoi fare lo fai qui e sai che lo fai bene, quindi non puoi fare altro che fidarti. Quello che posso dire alle altre persone che hanno questa malattia in generale è che devono vivere la vita come se non fossero malate.

Lo so che è un po’ brutto e forse difficile, però a un certo punto non appena i dolorini se ne vanno delle chemioterapie, appena ti riprendi, boh, torna a vivere come prima. È l’unico modo che hai per andare avanti e stare bene.

Il percorso di cura attuale

Tu adesso a che punto sei del percorso?

Quasi finito, nel senso che mi manca ancora una chemioterapia e poi vabbè andrò avanti a tenere a bada il mio compagno di vita, diciamo, con delle pillole e dovrebbe andare tutto bene. E noi siamo con te, grazie Michela per essere qui oggi, grazie mille.

Cosa significa avere una mutazione genetica BRCA

Dottor Turco, cosa significa avere una mutazione genetica?

Allora, avere una mutazione genetica predisponente ad un tumore ginecologico significa avere una signature, cioè una cicatrice nel proprio DNA, che predispone all’insorgenza di alcuni tumori. Nello specifico Michela dal punto di vista familiare è affetta dalla mutazione BRCA1, che predispone all’insorgenza dei tumori al seno e all’ovaio.

Le donne come Michela fanno parte di quella popolazione a rischio per carcinoma ovarico che rappresenta il 10% di tutta la popolazione globale. Nello specifico la mutazione di Michela predispone al tumore ovarico dal 35 al 46% prima dei 70 anni, quindi un rischio estremamente elevato.

Non solo per lei ma anche eventualmente per le sorelle o per le figlie e anche per i componenti maschili della famiglia, con una maggiore incidenza per esempio di tumore al pancreas. Quindi può comprendere anche gli uomini.

L’intervento di citoriduzione e la tecnica HIPEC

E come descrivendo in parole semplici l’intervento di citoriduzione HIPEC, come potremmo descriverli?

Allora, per citoriduzione è un termine generico per dire tutte quelle procedure chirurgiche che servono per asportare la malattia visibile. Il tumore ovarico raramente si presenta localizzato e in particolar modo con le mutazioni BRCA1, proprio per sua natura si presenta già allo stato iniziale con una diffusione di malattia importante, con tanta malattia a livello addominale.

Quindi per citoriduzione si intende l’asportazione di tutta la malattia visibile, sia peritoneale che degli organi addominali coinvolti, quindi per esempio l’intestino, la milza o anche il peritoneo dell’alto addome, come per esempio il peritoneo diaframmatico.

Presso Candiolo noi abbiamo la grande expertise, grazie anche alla chirurgia oncologica diretta dal dottor Borghi, abbiamo il grande know-how di poter offrire alle pazienti un trattamento sperimentale all’avanguardia, costituito dalla chemioipertermia intraperitoneale, il cui acronimo appunto è HIPEC.

Applichiamo noi a Candiolo, unici nel Piemonte e in pochissimi centri in Italia, questa tecnica, cioè che oltre a dare il massimo sforzo chirurgico, infondiamo a livello addominale un chemioterapico ad alta temperatura per un’ora e mezza e abbiamo degli ottimi risultati di controllo locale della malattia. Ci sono degli studi randomizzati che ci permettono di farlo, che ci dicono che c’è una sopravvivenza globale migliorata di 12 mesi in assoluto. Quindi è un’opzione in più che solo noi a Candiolo possiamo offrire alle pazienti affette da tumore ovarico.

Terapie personalizzate e test genetici

Il percorso di Michela è molto personalizzato come terapia. Quanto è importante conoscere queste mutazioni e quanto è importante la medicina di precisione?

Sono due aspetti fondamentali. È fondamentale sapere di avere una mutazione ed è fondamentale dedicarsi o comunque rivolgersi ad un centro con medicina di precisione.

Per quanto riguarda la conoscenza, la conoscenza è potere, la conoscenza è prevenzione. In quanto sapere di avere una mutazione BRCA permette in primis di fare una chirurgia profilattica, cioè prevenzione primaria. Si va a fare qualcosa che previene l’insorgenza del tumore. La chirurgia profilattica corrisponde all’annessectomia bilaterale.

Cioè sapere di essere predisposto al tumore dell’ovaio ci permette di togliere le ovaie prima che sviluppino il tumore o anche la mammella. Infatti i due tumori sono collegati.

Il trattamento sartoriale: ogni paziente è unica

Per quanto riguarda la medicina di precisione è anche questo un aspetto fondamentale del trattamento. Ogni paziente è differente dall’altro e per ogni paziente va fatto un trattamento di tipo sartoriale. Per esempio Michela è stata operata in due battute.

Prima ha fatto una laparoscopia diagnostica in cui noi abbiamo capito che lei faceva parte di un settimo di pazienti che non beneficiava dell’intervento immediato perché il carico di malattia era eccessivo e non avremmo raggiunto il nostro obiettivo, cioè quello del residuo tumore zero.

E quindi l’abbiamo incasellata in quelle pazienti che vanno meglio o hanno un beneficio maggiore dalla chemioterapia neoadiuvante e un intervento chirurgico messo tra tre cicli di chemioterapia e i successivi tre cicli. In più, come dicevamo, le abbiamo dato anche la chemioterapia intraoperatoria, l’HIPEC.

Quando fare il test genetico per il carcinoma ovarico

Posso fare una domanda in più? Volevo chiedere, io faccio il test genetico, vengo a sapere che ho questa mutazione, ovviamente conosco i casi di famiglia eccetera. Vado dal medico, me lo domandavo prima, il medico mi consiglia subito l’intervento? O è una cosa che va capita prima?

No, è una cosa che va capita prima, nel senso che è fondamentale fare una corretta anamnesi. Noi già dall’anamnesi capiamo se una paziente è a rischio di avere una mutazione genetica. Noi stiamo parlando del BRCA ma ce ne sono tante altre come per esempio la PALB2, l’ATM o la sindrome di Lynch, cioè le mutazioni del TP53.

Quindi già dall’albero genealogico capiamo se una paziente è a rischio o meno. Basta un caso di tumore dell’ovaio in famiglia per passare dal basso rischio all’alto rischio. Quindi una volta identificata la paziente a rischio in quanto in famiglia ha già avuto tumori della mammella bilaterali o in età molto precoce o un tumore della mammella in sesso maschile o tumori dell’ovaio, la demandiamo alla consulenza genetica.

È proprio specifica del genetista, sarà il ginecologo appunto ad inviarla a consulenza genetica ed effettuare poi i test genetici proprio per andare ad individuare se ci sono delle mutazioni specifiche.

Mutazioni genetiche sporadiche vs familiari

La mutazione può avvenire anche senza casi di famiglia?

Sono più rare però sì, può capitare che una mutazione determini appunto l’insorgenza di un tumore ma non sarà di tipo familiare. Cioè abbiamo non più delle mutazioni germinali ereditarie ma abbiamo un tumore soltanto in quella paziente che però si comporta in maniera molto simile a quello di tipo familiare. Si parlerà di mutazione di tipo somatico.

L’impatto dei PARP inibitori

Lei ha a che fare con il suo lavoro tutti i giorni con donne come Michela con una grande energia, speranza, forza, poi ovviamente ogni percorso è soggettivo. Cosa la colpisce di più delle sue pazienti?

Allora, una parola particolare per Michela: mi colpisce la sua gioia, la sua grinta, la sua voglia di condividere la sua esperienza e di fare appunto informazione.

Per quanto riguarda la mia professione di ginecologo-oncologo, che tratta appunto la patologia ovarica, sicuramente l’aver individuato il setting di pazienti costituito dalle pazienti BRCA mutate e in più l’introduzione di alcuni farmaci come l’olaparib, il niraparib, il rucaparib, che sono tutti dei farmaci che vanno ad agire proprio sul mismatch repair, questo meccanismo molecolare che è deficitario nelle pazienti con predisposizione al cancro, ha rivoluzionato proprio l’approccio emotivo che noi ginecologi e oncologi abbiamo nel trattamento dell’ovaio.

Prospettive di guarigione con le nuove terapie

Perché io mi aspetto che Michela, grazie ai trattamenti con i PARP inibitori, sia guarita dalla sua patologia, pur avendo un tumore ovarico avanzato. Perché abbiamo dei dati fantastici che ci dicono che le pazienti come lei a sette anni sopravvivono nel 70% dei casi. Quindi veramente siamo in un’epoca in cui è successa una rivoluzione chirurgica e farmacologica. Meno male, queste sono notizie che ci danno veramente tanta speranza.