29/03/2024
Cristina Chiabotto: Oggi parleremo con il Dottor Luigi Carlo Turco, Direttore dell’Ovarian Cancer Center dell’Istituto di Candiolo – IRCCS. La prima domanda è: che cos’è il tumore ovarico e quanto è frequente?
Dottor Luigi Carlo Turco: Allora, il tumore ovarico è la terza neoplasia ginecologica per frequenza dopo il tumore della mammella, che il più frequente in assoluto, e il tumore dell’utero. Colpisce 2 donne su 10.000, quindi circa 5000 donne all’anno in Italia si ammalano di tumore ovarico.
Sembrano dei numeri grandi e in realtà la frequenza non è così lontana dalla nostra quotidianità. Spesso molti di noi hanno dei conoscenti che hanno delle donne che vengono sottoposte a interventi chirurgici per massiovarico per carcinosi quindi non è un problema lontano dalla quotidianità e soprattutto è un problema che impatta fortemente la società in quanto il tumore ovarico ha una prognosi tendenzialmente infausta.
La mortalità è molto alta. Se è vero che per i primi stadi, diagnosticati e trattati in maniera precoce, abbiamo una sopravvivenza al 90% dei casi, scendiamo a circa il 60% nei secondi stadi, per poi arrivare negli stadi più avanzati, il terzo stadio al 30% e il quarto stadio a meno del 14%. Questa è la sopravvivenza a cinque anni. Purtroppo però, essere vivi a cinque anni non significa essere liberi da malattia. Molte donne convivono con una malattia recidiva e devono continuare i trattamenti.
Cristina Chiabotto: Ci sono dei fattori di rischio?
Dottor Luigi Carlo Turco: Sì, allora in età moderna abbiamo riconosciuto dei fattori di rischio e dei fattori protettivi. I fattori di rischio sono sicuramente la familiarità, a prescindere dalla presenza o meno di mutazioni genetiche specifiche.
Mutazioni invece riconosciute predisponenti al tumore ovarico sono BRCA1 e BRCA2 che oltre a predisporre a tumori del pancreas e al tumore della mammella appunto, aumentano l’incidenza del tumore dell’ovaio, predispongono al tumore dell’ovaio.
Fattori invece protettivi sono l’utilizzo della pillola estro progestinica, cioè la pillola anticoncezionale, le gravidanze e l’allattamento al seno. Sono tutti fattori che riducendo le fasi ovulatorie dell’ovaio che va considerato proprio l’ovulazione va considerata una ferita costante dell’ovaio quindi uno stimolo alla proliferazione cellulare. Questi fattori sono dei fattori che proteggono dall’insorgenza del tumore delle ovaie.
Cristina Chiabotto: Come si presenta e che sintomi dà?
Dottor Luigi Carlo Turco: Purtroppo il tumore dell’ovaio va considerato un killer silenzioso, non dà segni di sé se non in presenza di situazioni addominali importanti.
Una massa ovarica palpata durante una visita ginecologica o auto palpata anche dalla paziente, ma in casi di masse particolarmente grandi, oppure l’incremento dimensionale dell’addome, la presenza di liquidi nell’addome che si chiama ascite, oppure le alterazioni non previste di frequenza albina.
Quante volte si va di corpo in una giornata o addirittura stati di stitichezza non presenti precedentemente, o anche dei semplici dolori addominali aspecifici.
Cristina Chiabotto: Come si cura?
Dottor Luigi Carlo Turco: Allora, più che come si cura, secondo me bisogna stressare che il dove si cura è fondamentale, essendo un tumore raro e particolare che vada inviato dai medici curanti nei centri specializzati per il trattamento del tumore dell’ovaio.
Dove sono presenti specialisti, ginecologi-oncologi che hanno le capacità chirurgiche per gestire una neoplasia che può essere appunto al grande impatto chirurgico, dove c’è un team multidisciplinare costituito da radiologi, oncologi-medici radioterapisti, iperspecializzati nel trattamento dell’ovaio e all’avanguardia con le conoscenze per la terapia.
Sul dove si cura è sicuramente importante inviare la paziente ai centri di riferimento. Il come si cura, ovviamente lo strumento principe risulta ancora essere la chirurgia, cioè asportare quanta più malattia possibile.
Arrivare al goal costituito dal residuo tumore zero è la cosa più importante come fattore prognostico per il tumore dell’ovaio. La chirurgia può essere risolutoria e terapeutica nei casi iniziali e si può anche pensare di fare un trattamento di tipo meno invasivo in laparoscopia.
Nei trattamenti più avanzati abbiamo ancora un ruolo per la chirurgia mininvasiva costituita dalla laparoscopia attraverso delle valutazioni intraoperatorie con il fagotti score o PI detto in inglese sono proprio degli score di valutazione intraoperatoria di operabilità della situazione addominale della malattia.
Se è possibile aggredirla subito e bene aggredirla subito con una chirurgia importante attraverso l’apertura dell’addome e la chirurgia non sarà limitata soltanto alla sfera ginecologica, ma eseguiremo delle chirurgie ad alto impatto, come la chirurgia dell’alto addome del diaframma, resezione intestinale se c’è malattia a livello dell’intestino può essere interessata la milza, quindi può essere necessaria anche una splenectomia fino anche ad arrivare anche a resezione epatica.
È una chirurgia ad alto impatto. Se invece non è possibile eseguire immediatamente l’intervento chirurgico con la laparoscopia, noi riusciamo a evitare delle laparotomie inefficaci, delle aperture dell’addome infruttuose e possiamo inviare la paziente direttamente in poco tempo a chemioterapia ed eseguire l’intervento chirurgico in seconda battuta dopo tre quattro cicli di chemioterapia.
La valutazione laparoscopica è fondamentale perché ci va a scremare la paziente più adeguata alla chirurgia immediata o alla chirurgia ritardata o di intervallo.
Cristina Chiabotto: Come si diagnostica?
Dottor Luigi Carlo Turco: Allora la diagnosi può essere fatta banalmente con una visita ginecologica e un’ecografia di primo livello. Quindi, banalmente, si va a valutare la presenza di una massa ovarica sospetta.
Anche qui, dopo questa prima valutazione, è bene fare un’ecografia di secondo livello con ecografista esperti per la ginecologia oncologica, per poi arrivare anche a della diagnostica con macchine pesanti come la TAC, total body, la risonanza o in alcuni casi selezionati, la Pet TAC.
Cristina Chiabotto: C’è un modo per prevenirlo?
Dottor Luigi Carlo Turco: Sì, noi possiamo pensare di agire su due fronti. C’è una prevenzione secondaria che è quella di diagnosticare il tumore quanto più precocemente possibile, quindi una visita ginecologica annuale, un’ecografia transvaginale annuale è sicuramente razionale come cosa, anche se purtroppo per il tumore dell’ovaio non esiste una tecnica di screening vera e propria, come per esempio c’è per il tumore della cervice con il pap test per l’HPV.
Possiamo agire anche sulla prevenzione primaria in un setting di pazienti selezionato costituito da quelle pazienti di cui parlavamo, cioè le pazienti predisposte a sviluppare geneticamente un tumore ovarico, attraverso una chirurgia profilattica che andrà a prevenire l’insorgenza del tumore, quindi anestectomia bilaterale, cioè asportare le tube e le ovaie permetterà che non si non si abbia un tumore e si produca un tumore dell’ovaio.
In trial multicentrici internazionali si sta studiando la possibilità e la sicurezza di eseguire semplicemente la sub-injection bilaterale, cioè togliere le tube e non le ovaie perché da studi anatomopatologici si è visto che molti tumori dell’ovaio nascono dalla tuba e si mettono sulle ovaie, non nascono dalle ovaie.
Quindi, fare questa chirurgia conservativa sulle ovaie ci permetterebbe di non mandare la donna in menopausa e di permettere addirittura in futuro anche delle forme di gravidanza medicalmente assistita senza le tube.
Ovviamente, attualmente questo può essere fatto soltanto nell’ambito di protocolli di ricerca e quindi non può essere considerato lo standard di prevenzione primaria per questo tipo di tumori.
Cristina Chiabotto: Ci sono nuove frontiere di terapia?
Dottor Luigi Carlo Turco: Sì, e mi piace dire che il futuro è oggi per il tumore dell’ovaio. Per vent’anni noi siamo stati fermi, congelati su vecchie terapie, terapie quasi da giurassico. C’era stata l’introduzione di nuovi chemioterapici che hanno migliorato sì la prognosi, ma che per vent’anni sono rimasti sempre gli stessi. Adesso, grazie all’introduzione in terapia dei patti inibitori che sono dei farmaci che vanno ad agire sulla riparazione sui meccanismi di riparazione del DNA tumorale, noi abbiamo avuto la possibilità di prolungare la sopravvivenza delle donne affette da tumore ovarico in una maniera esponenziale e questo è il nostro presente.
Però è un presente veramente, fantastico. Mentre per un futuro futuribile, cioè il prima, il futuro più prossimo, possiamo pensare all’introduzione della chemio ipertermia intraoperatoria in pazienti sottoposte a chirurgia di intervallo dopo chemioterapia. Purtroppo in Europa non è ancora linea guida perché non sono ancora maturi i dati di alcuni studi, ma per esempio in America è presente nelle linee guida.
Nel futuro ancora più lontano, ma comunque un futuro a cui Candiolo sta lavorando attraverso lo studio degli organoidi, possiamo pensare di testare i chemioterapici su queste strutture tissutali d’organoidi che vanno considerati proprio degli avatar della malattia della paziente e quindi in futuro si potrà pensare di dare il farmaco migliore che dà una maggiore risposta al tumore specifico della donna quindi nell’ottica di una personalizzazione delle cure e di una terapia sartoriale per ogni malato.
Cristina Chiabotto: Grazie al Dottor Luigi Carlo Turco. Noi ci ritroviamo alla prossima puntata per un’edizione speciale sul 5X1000. Mi raccomando Sul Tumore Facciamo Rumore. Grazie!